Descrizione
L’epoca nella quale viviamo è quella in cui maggiore e più viva è l’attenzione al bambino e alle sue esigenze di crescita. Dai genitori agli psicologi, passando per i legislatori e coloro che a vario titolo sono impegnati nella cura, difesa e tutela dell’infanzia, tutti appaiono animati dalla consapevolezza di voler e dover operare per il “migliore interesse del bambino”. Ma qual è il bambino che essi hanno in mente? Nella cultura attuale e nel comune sentire, si è fatta sempre più strada l’immagine di un bambino fragile che necessita di cure e accudimento continui. Niente di più distante dal bambino “competente” e “resiliente” che la psicologia e la psicopatologia dello sviluppo moderne descrivono limpidamente. Il risultato di questo capovolgimento paradossale è sotto gli occhi di tutti. Il bambino è, sì, il centro dell’attenzione del mondo adulto, ma non già come soggetto le cui precoci capacità e disposizioni latenti devono essere incoraggiate e sostenute, bensì come soggetto debole che deve essere protetto. Assistiamo inoltre alla “rinuncia all’educazione morale del bambino” in quanto confrontarsi con emozioni morali potenti e trasformative (come il senso di colpa o la vergogna) potrebbe schiacciare la sua fragile costituzione psichica.
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